Una nuova legge elettorale per tornare subito al voto!
Anche nel 2014 la politica italiana passa per il Quirinale. Così è stato dall’autunno del 2011, e così sarà fino a quando la normalità istituzionale avrà finalmente vinto la sua battaglia contro le emergenze.
Nel novembre 2011, con la caduta di Berlusconi e la nascita del governo Monti la centralità è diventata qualcosa di più e di diverso: è nata una Repubblica simil-presidenziale. Che, giocoforza, è diventata ancor più tale con la rielezione di Napolitano e la “gestione collegiale” Quirinale-Palazzo Chigi del governo Letta.
Si dice: però Monti e Letta sono state due cocenti delusioni. Vero. Quei due governi sono catalogabili al contempo come “indispensabili ma deludenti”. Però, questa non è una colpa da gettare più di tanto sulle spalle del Presidente.
Alzi la mano chi non aveva aspettative dalla nomina del professor Monti: Napolitano è il primo dei delusi. Ed Enrico Letta non era forse considerato il più preparato e serio tra i politici “giovani”? Diciamo che il Presidente ha usato gli ingredienti che il mercato politico e la società civile offrono: se i piatti non sono venuti bene, ne ha colpa solo fino ad un certo punto.
Prendete la questione della legge elettorale e delle riforme istituzionali: più che chiedere un giorno sì e l’altro pure che vengano fatte, cosa può fare? Può mettere sul tavolo il peso della minaccia di andarsene, e anche quello l’ha fatto.
Oltre ci sono solo le dimissioni vere e proprie, che se diventassero una realtà aprirebbero una crisi senza precedenti e soprattutto senza prospettive.
D’altronde, per sapere da che parte stare nella contesa su Napolitano, basta vedere chi sono i suoi nemici: Grillo, Forza Italia, la Lega, ma anche il “partito giustizialista”.
Tutti impegnati a destabilizzare il Quirinale con il preciso intento di impedire al Presidente ogni margine di manovra che non sia lo scioglimento delle Camere, che è il vero scopo comune di berlusconiani e anti-berlusconiani.
Obiettivo che rischia di attrarre anche Renzi: per le elezioni anticipate c’è una potenziale vasta maggioranza, anche se per ottenerle il Pd deve trovare il coraggio e la coesione interna di essere il soggetto che fa cadere il governo, mossa senza la quale al fronte populista resterebbe necessariamente solo la propaganda. Per questo si attacca Napolitano: ottenere il voto anticipato per altre vie. Peccato, però, che questa strada sia sbarrata dal macigno delle dimissioni dell’inquilino del Colle: “piuttosto che sciogliere le Camere, mi dimetto e prima di andare alle urne questo parlamento dovrà trovare la forza di eleggere il mio successore”, è di fatto la sua risposta agli attacchi contro di lui.
Qui, però, sta anche la vera debolezza – oltre che la oggettiva forza – della posizione di Napolitano. Nel frattempo, infatti, c’è stato il pronunciamento della Corte Costituzionale sulla legge elettorale, che rappresenta una chiara delegittimazione politica, anche se non giuridica, dell’attuale Parlamento.
Se la sua opera fin qui è stata sempre finalizzata a tutelare le istituzioni e difendere la politica dalla (comprensibile) sfiducia popolare è proprio per quei nobili fini che oggi occorre chiudere la legislatura.
Pur essendo contro il ritorno alle urne, considerato che nessuno dei nodi politici che tengono artificialmente in vita la Seconda Repubblica e impediscono la nascita della Terza è stato ancora rimosso, e' necessario rivedere la posizione dopo la decisione della Consulta.
Per questo il Capo dello Stato dovrebbe avere una diversa exit strategy rispetto a quella finora messa in campo: usi la minaccia delle dimissioni non per far stare in vita questo governo, ma per ottenere una legge elettorale in tempi brevi che consenta di andare subito ad elezioni non “costituzionalmente viziate”.
Poi resti a gestire il dopo, che comunque richiederà, quale che sia il sistema di conteggio del voto adottato, una nuova complessa fase politica. Della sua saggezza ci sarà ancora bisogno.
Addì, 04 gennaio 2014